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Trento, 27 settembre 2011 Non si deve faticare a raccogliere le idee sul piccolo – ma nemmeno tanto, se conta ben settanta testi – capolavoro di Sandro Boato con l’elegante copertina composta da due suggestive immagini di Matteo Boato su Venezia (Palazzo Ducale, 2007 e Laguna, 2010, entrambi olio su tela). Piccolo e quasi privato perché l’impressione che si ha percorrendo i versi, addentrandosi tra calli e burchi accompagnati dai gabbiani («come ànare i cocai/sta a mòge/lassandose portàr/da la magra de fora/là dove core el me pensièr in fuga») e dallo spettacolo di cieli giallo arancio e viola («el zalo-naransa-viola/che pitura a ponente el sielo/’nte la sera de agosto/tuto intorno disegna a ‘l orisonte/un anelo de luse»), è di essere accolti quali ospiti privilegiati nella dimensione conchiusa e perfetta di un ritmo conosciuto, lo stesso che asseconda il remo in acqua. Settanta testi, dicevo, che lo stesso autore, con la precisione e la meticolosità che lo contraddistinguono, ci spiega in prefazione essere parte in veneziano, sua lingua madre, e parte minore e più recente in italiano, e costituire una selezione di componimenti frutto di un percorso poetico trentennale non privo di soddisfazioni e riconoscimenti (Marco Pola e Andrea Zanzotto). Tra gli scopi dichiarati quello di rendere omaggio alla sua città d’origine e di formazione e, nel contempo, ad un ritmo di vita e ad una dimensione ormai lontani dalla nostra inquietante e vertiginosa quotidianità. «Co rivo rivo» (quando arrivo arrivo) – questo il titolo della silloge – sembra infatti invitare ad una riflessione sulla nostra condizione «disumanante» e a suggerirci, attraverso una distensione dei nostri ritmi di vita, la riappropriazione di un tempo interiore soffocato dal rumore dalla fretta e da obiettivi talvolta fatui. Il tempo lento e sacro della poesia che aiuta, tra l’altro, a scoprire la realtà come un linguaggio... Perfetto come un’architettura anche l’indice che ci conduce all’interno delle tre sezioni (note glossario e indice vero e proprio), fornendoci preziose ed essenziali chiavi di lettura su luoghi e termini del veneziano che potrebbero risultare ostici e rallentare anche una seconda, più consapevole, godibile e rilassata lettura. Si avvertono nei singoli componimenti e, di riflesso, in tutta la composizione, lo studio, l’esperienza e la passione di chi ha dedicato buona parte della propria vita alla poesia nella convinzione condivisa con W. B. Yeats che essa, come tutta l’arte «non è che una visione del reale». Se è vero, come credo, che la poesia può nascere solo da un’urgenza, da una necessità interiore, è altrettanto vero che, per diventare tale, richiede lungo studio, confronto e mestiere. Quelli di cui dà prova Sandro Boato anche in questa nuova proposta tramata di nostalgia. Nadia Scappini
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